Film: ‘L’Ufficiale e la Spia’

L’UFFICIALE E LA SPIA

Titolo Originale: J’accuse

Nazione: Francia, Italia

Anno: 2019

Genere: Storico, Drammatico, Giallo

Durata: 132’ Regia: Roman Polański

Cast: Jean Dujardin (Ten. Col. Marie-Georges Picquart), Louis Garrel (Cap. Alfred Dreyfus), Emmanuelle Seigner (Pauline Monnier), Grégory Gadebois (Magg. Hubert-Joseph Henry), Mathieu Amalric (Alphonse Bertillon), Melvil Poupaud (Fernand Labori), Éric Ruf (Col. Jean Sandherr), Laurent Stocker (Gen. Georges-Gabriel de Pellieux), André Marcon (Émile Zola), Michel Vuillermoz (Ten. Col. Armand du Paty de Clam), Denis Podalydès (Edgar Demange), Damien Bonnard (Desvernine), Wladimir Yordanoff (Gen. Auguste Mercier), Didier Sandre (Gen. Raoul Le Mouton de Boisdeffre), Vincent Grass (Gen. Jean-Baptiste Billot), Hervé Pierre (Gen. Charles-Arthur Gonse), Laurent Martella (Cap. Ferdinand Walsin Esterhazy), Vincent Perez (Louis Leblois), Luca Barbareschi (Philippe Monnier)

CONTESTO NARRATIVO: Alfred Dreyfuss è un ufficiale ebreo francese e nel 1894 viene pubblicamente degradato con l’accusa di aver passato informazioni sensibili all’addetto militare tedesco, Maximilian von Schwartzkoppen. Il documento recuperato dai servizi segreti, detto ‘bordereau’, viene attribuito, in base alla perizia grafologica eseguita all’esperto criminologo Alphonse Bertillon, al capitano Dreyfus che si proclama invece del tutto estraneo ed innocente. Il maggiore Picquart è stato suo insegnante ed è lui ad accogliere Dreyfuss quando viene convocato al ministero dove, sottoposto a prova grafologica dal maggiore Armand du Paty de Clam, giusto per conservare la forma, gli viene formulata l’accusa e l’arresto, persino il suggerimento del suicidio d’onore ed al suo rifiuto viene esiliato sull’isola del Diavolo, nella colonia della Guayana Francese. Picquart viene nominato poco dopo tenente colonnello e posto a capo dei servizi segreti in sostituzione del colonnello Jean Sandherr, consumato dalla sifilide. Il suo rapporto con il sottoposto maggiore Henry si rivela subito difficile perché quest’ultimo, parte attiva nella raccolta delle prove a carico di Dreyfus, è abituato a godere di troppa autonomia e protezioni altolocate. Picquart scopre invece che la grafia del ‘bordereau’ assomiglia molto a quella di un altro militare, il maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy. Convinto dell’innocenza di Dreyfus e che l’accusa è fondata, più che su prove concrete, sulla nascente ostilità nei confronti degli ebrei anche in ambito militare, con l’occasione di trovare un capro espiatorio, riduce le mansioni di Henry ed indaga direttamente, trovando altre conferme ai suoi sospetti. Decide quindi di sottoporre le prove raccolte al suo comandante, il capo di stato maggiore Boisdeffre. Anziché ricevere i complimenti, a Picquart viene suggerito di soprassedere ma insistendo nel suo convincimento, che coinvolgerebbe alti livelli delle forze militari, evidentemente deviate, viene rimosso dal suo ruolo ed inviato nella legione straniera in Africa con un incarico, gli viene detto, di breve durata, che si rivela invece duraturo. Temendo di morire, Picquart al suo ritorno racconta i fatti all’avvocato ed amico Louis Leblois, il quale si fa carico di coinvolgere anche personaggi politici e della cultura, fra i quali lo scrittore Emile Zola, dai quali scaturisce un comitato pro Dreyfus. L’iniziativa di Picquart gli costa però l’arresto. Lo scrittore allora pubblica il suo famoso articolo a tutta pagina nel quotidiano ‘L’Aurore’, intitolato ‘J’accuse’, che di fatto divide la piazza francese fra pro e contro Dreyfus. Processato e condannato a sua volta Zola, il caso Dreyfus assume risonanza internazionale. Picquart viene comunque liberato e sfidato a duello da Henry che rimane ferito, ma rinuncia a finirlo. A sua volta Esterhazy sfida a duello Picquart che però rifiuta perché non intende dare soddisfazione e colui che ritiene il vero traditore. Henry ammette di aver manomesso i documenti d’accusa a Drayfus e posto agli arresti si ‘suicida’. Picquart viene quindi assolto e riammesso al suo grado militare mentre Dreyfus viene ricondotto in Francia per un nuovo processo. Nonostante ciò, la sua vicenda anziché dirsi conclusa, è ancora lontana dalla soluzione.

VALUTAZIONE: una corposa, rigorosa ed in parte libera ricostruzione di uno dei casi più clamorosi che fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo ha scosso la società francese, le sfere militari e politiche ma anche l’opinione pubblica, uscendo persino dai confini nazionali. E’ difficile non considerare quest’opera di Roman Polański, che ripropone una famosa storia di ingiustizia per ragioni di pregiudizio razziale, che nel prosieguo assumono connotati e conclusioni ancora più vaste, come un’allegoria dell’accanimento che da tempo sta subendo lui stesso, in seguito alle note vicende di natura sessuale che lo hanno visto coinvolto sin dal lontano 1978 ed in base alle quali è tuttora ricercato dalla giustizia USA. Comunque la si veda tuttora al riguardo, il film in questione conferma la già nota maestria del regista nel gestire con classe, in questo caso, una delicata vicenda, rendendola di facile comprensione per tutti, pur nei suoi molteplici risvolti e le parti contrapposte in causa. Ineccepibili anche le prove attoriali, compresa la compagna del regista Emmanuelle Seigner. Pluripremiato, ‘L’Ufficiale e la Spia‘ continua comunque ad essere osteggiato, non per i suoi contenuti, quanto semmai per la figura del suo autore, tuttora culturalmente esiliato e perseguitato da parte di alcuni intransigenti esponenti delle accuse nei suoi confronti, nonostante l’appoggio e la solidarietà di molti eminenti personaggi della cultura e della società in generale. Voto

…I romani davano i cristiani in pasto ai leoni, noi diamo loro gli ebrei. Immagino che questo sia un progresso…‘ (Colonnello Jean Sandherr)

Nei riguardi di quest’opera non si può fare a meno di considerare almeno tre aspetti fondamentali: la sua consistenza artistica, il suo significato ideologico e quello allegorico sottesi al tempo stesso ed infine la figura del suo autore, il regista Roman Polański, così particolare per i fatti di cronaca che tuttora lo riguardano, apparentemente esterni al film in oggetto, ma che poi tali sino in fondo non sono.

Partiamo da questi ultimi, perché è un argomento controverso e divisivo, qualunque opinione ci si possa fare al riguardo. Per chi non conoscesse la storia, detta per estrema sintesi, Roman Polański nel 1977 ha avuto un rapporto sessuale consenziente con la quasi quattordicenne modella Samantha Geimer, quindi minorenne, nella villa dell’attore Jack Nicholson. Accusato del fatto, il regista ha ammesso la colpa, dichiarato il suo pentimento e attraverso il suo avvocato ha proposto una riparazione economica. Accettò quindi la reclusione per tre mesi. Dopo 42 giorni venne rilasciato con la raccomandazione di una commutazione in pena condizionale ma essendo venuto a conoscenza che il giudice non l’avrebbe accettata, fuggì dagli USA e da allora oltreoceano risulta contumace. Più volte è stato oggetto da parte delle autorità americane di richieste di estradizione che opportunamente ha evitato, spostandosi in stati che non la concedono, oppure grazie ai cavilli che i suoi avvocati sono stati in grado di produrre con successo laddove si trovava, magari per ritirare uno dei molti premi che si è aggiudicato in qualche Festival del Cinema. Anni dopo la Geimer dichiarò di aver perdonato Polański e di considerare chiuso il caso. In seguito sono spuntate altre testimonianze a suo carico di presunti stupri che Polański però ha sempre negato e nessuno è stato in grado di dimostrare. Sta di fatto che la nomea che si è costruita nel tempo, accresciuta e riproposta sull’onda dei fatti che hanno visto protagonisti il produttore Harvey Weinstein ed il movimento #MeToo sulle molestie nei confronti delle donne e l’attore Kevin Spacey accusato di  violenze omosessuali nei confronti di minorenni, hanno reso ancora più scomoda di quello che già non fosse la posizione del regista di origine polacca. In molte occasioni pubbliche, nonostante i numerosi premi che sono stati assegnati alle sue opere nel frattempo ed il sostegno di numerosi altri autori e rappresentanti della cultura, è tuttora oggetto di manifestazioni ostili. Torniamo ora al suo ultimo film.

L’Ufficiale e la Spia‘ tratta un caso realmente accaduto, che i meno giovani dovrebbero perlomeno aver sentito nominare, se non proprio conoscere nei fatti, non fosse altro per il famoso ‘J’accuse‘ di Emile Zola. Un episodio di clamorosa manipolazione della giustizia e di grande risonanza popolare nell’epoca in cui è avvenuto, che ha diviso l’opinione pubblica nei confronti del capitano Alfred Dreyfus, per ragioni razziali e perciò che vanno al di là della sua stessa persona, ma che per fortuna furono smascherate, generando un terremoto nelle alte sfere militari e politiche della Francia d’inizio secolo scorso. Difficile però a questo punto non associare l’interesse di Roman Polański per questa storia, tratta dall’omonimo romanzo di Robert Harris e sceneggiata a quattro mani con lo stesso scrittore (avevano già lavorato assieme in occasione del notevole ‘L’Uomo nell’Ombra‘, clicca sul titolo se vuoi leggere la mia recensione) alla sua condizione di ricercato dalla giustizia da ben quarantadue anni. Anche in occasione del Gran Premio della Giuria alla 76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia assegnato a ‘L’Ufficiale e la Spia‘, la presidentessa della manifestazione Lucrecia Martel espresse la sua distanza, proprio per ciò che di negativo a suo dire rappresenta il regista tuttora nei confronti delle donne.

Il ‘caso Dreyfuss’ è un clamoroso esempio di distorsione della verità per pretestuosi fini ideologici, di potere e razziali. Alla fine del XIX secolo i rapporti fra Francia e Germania erano molto tesi e le spie cercavano reciprocamente di sottrarsi informazioni utili, specie di natura militare. Un ufficiale francese non ancora identificato si stava rendendo protagonista di alto tradimento ma grazie ad un’infiltrata nell’ambasciata tedesca era stato possibile recuperare dal cestino dei rifiuti dell’attaché militare, Maximilian von Schwartzkoppen, un documento maldestramente stracciato e facilmente ricostruibile dagli esperti dei servizi segreti, nel quale si parlava di alcune informazioni tecniche segrete, compreso un nuovo cannone in costruzione che, se fosse stato utilizzato, avrebbe dato significativi vantaggi strategici all’esercito francese. L’occasione venne sfruttata al volo per veicolare l’accusa su un ufficiale ebreo totalmente estraneo ma che doveva fare da volano per colpire l’establishment degli ebrei francesi i quali, a detta dei loro nemici, si erano infiltrati eccessivamente nella struttura politica, economica e militare della Francia.

Il film inizia con la ‘spettacolare’ degradazione e pubblica umiliazione del capitano Alfred Dreyfus nella grande piazza del cortile della Scuola Militare, davanti alle autorità militari, i soldati schierati ed una folla trattenuta a stento che inveisce contro il presunto traditore, il quale urla invece la sua innocenza, ovviamente inascoltato, mentre gli strappano le mostrine, i bottoni e le insegne militari dalla divisa e spezzano la sua spada davanti a lui, gettandola per terra. Sequenze al presente s’alternano ad altre che ripercorrono ricordi del passato utili a delineare le figure in gioco e le loro peculiarità, come ad esempio l’assoluto attaccamento di Dreyfus alla patria ed alla disciplina militare ed i rapporti con il suo insegnante, il maggiore Marie-Georges Picquart, un uomo retto ma non propriamente simpatizzante degli ebrei, come ha modo di dichiarare egli stesso durante un confronto a seguito di una valutazione, secondo Alfred, troppo severa nei suoi confronti.

Le differenze fra la storia vera e l’adattamento sul grande schermo ci sono, a leggere le testimonianze di alcuni storiografi al riguardo, ma sono funzionali alla trama, senza sconvolgere la sostanza della vicenda. Ad esempio, la partecipazione di Picquart alla riunione con alcuni parlamentari progressisti e soprattutto in presenza di Emile Zola, nella realtà però non si è verificata, perché i due non si sono mai incontrati di persona, nonostante l’impegno del celebre scrittore nel pubblicare sulla stampa il suo famosissimo atto di accusa di corruzione di alcune sfere militari, in base alle prove raccolte proprio dal tenente colonnello ed a difesa dell’innocenza di Dreyfus.

Grazie alla narrazione di quest’opera si può comprendere, fra l’altro, come i servizi segreti fossero già molto attivi e sofisticati a quell’epoca, nonostante i limiti tecnologici rispetto ai nostri tempi. Dentro un palazzo in centro a Parigi, apparentemente anonimo ed in disuso, risiedevano gli uffici e gli addetti specializzati dei servizi segreti che si occupavano, ad esempio, di leggere la posta dei cittadini sospetti senza farsene accorgere, ovviamente prima che gli fosse recapitata; ricostruivano appunto documenti ritenuti erroneamente distrutti ed effettuavano controlli di vario genere, come appostamenti che spiavano i movimenti di alcune persone, seppure per ragioni comprensibili di prevenzione a difesa della sicurezza nazionale. Tutto ciò ovviamente, se utilizzato per fini diversi, può portare a conseguenze pericolose sotto molti punti di vista, persino riguardo l’integrità della democrazia e della giustizia di uno stato. Indro Montanelli, a proposito di questo storia ebbe a dichiarare: ‘…essa non fu soltanto il più appassionante ‘giallo’ di fine secolo. Fu anche l’anticipo di quelle ‘deviazioni’ dei servizi segreti che noi riteniamo – sbagliando – una esclusiva dell’Italia contemporanea. Ma fu soprattutto il prodromo di Auschwitz perché portò alla superficie quei rigurgiti razzisti e antisemiti di cui tutta l’Europa, e non soltanto la Germania, era inquinata. Allora, grazie soprattutto alla libertà di stampa che smascherò l’infame complotto, quei rigurgiti furono soffocati. Ma la vittoria dell’antirazzismo, che lì per lì sembrò definitiva, fu, come sempre quella della Ragione, soltanto momentanea. Le cronache di oggi dimostrano che nemmeno i forni crematori dell’Olocausto sono riusciti a liberarci dal mostro che si annida nel subconscio delle società cristiane, con rispetto parlando e che proprio nell’affare Dreyfus diede la misura più eloquente della sua abiezione…‘… (leggi il resto del commento cliccando qui sotto su ’Continua a leggere’) Continua a leggere…

Serie TV e Libro: ‘Olive Kitteridge’

OLIVE KITTERIDGE (Miniserie TV)

Titolo Originale: Omonimo

Nazione: USA

Anno: 2014

Genere: Drammatico

Durata: 4 Puntate da circa 60′ cadauna 

Regia: Lisa Cholodenko  

Cast: Frances McDormand (Olive Kitteridge), Richard Jenkins (Henry Kitteridge), Bill Murray (Jack Kennison), Zoe Kazan (Denise Thibodeau), Rosemarie DeWitt (Rachel Coulson), John Gallagher Jr. (Christopher Kitteridge), Peter Mullan (Jim O’Casey), Martha Wainwright (Angela O’Meara), Ann Dowd (Bonnie Newton), Brady Corbet (Henry Thibodeau), Jesse Plemons (Jerry McCarthy), Libby Winters (Suzanne), Cory Michael Smith (Kevin Coulson), Donna Mitchell (Louise Larkin), Audrey Marie Anderson (Ann), Maryann Urbano (Linda Kennison), Rachel Brosnahan (Patty Howe)

CONTESTO NARRATIVO: Olive Kitteridge è un’insegnante in pensione che vive a Crosby, un paesino immaginario dello stato del Maine in USA. Olive è consapevole di non aver mai avuto un buon carattere e di aver vissuto sempre sull’orlo della depressione, cronicamente insoddisfatta. Per tale ragione si è procurata una pistola e si è recata in un bosco con l’intento di suicidarsi ma intanto torna indietro con la memoria a venticinque anni prima. Il marito Henry, che è stato per anni il capace e benvoluto farmacista del paese ed ha un carattere diverso dal suo, l’ha sempre amata. Il loro figlio Christopher invece è cresciuto fra l’eccessiva severità della madre e la costante distrazione del padre nei suoi riguardi. Tutti si conoscono nel piccolo paese di Crosby e quindi le vicende familiari dei Kitteridge si sono intrecciate nel tempo con quelle di alcune altre persone e famiglie intorno a loro. Quella di Kevin, ad esempio, coetaneo di Christopher, il quale aveva una madre disturbata ed è diventato, anche per questo, uno psichiatra. Un giorno è tornato in paese, da New York dove si era è trasferito da tempo, con un fucile sul sedile posteriore dell’auto e l’intenzione di rivedere i posti dell’infanzia prima di farla finita a sua volta, avendo scoperto di manifestare anche lui, geneticamente, dei disturbi mentali. Kevin ha parcheggiato l’auto al porto ed è stato riconosciuto da Olive che si è seduta al suo fianco per chiedergli sue notizie ma poco dopo si è accorta che Patty, la cameriera del locale di fronte, amica di Kevin tanti anni fa, avvicinandosi troppo alla scogliera dove è in corso una mareggiata, è scomparsa alla vista. Accorsi prontamente entrambi, Kevin non ha esitato a tuffarsi in mare dove Patty stava annegando fra i marosi e salvarla. Olive è anche stata innamorata di Jim O’Casey, senza che Henry se ne fosse reso conto a lungo. Jim insegnava nello stesso istituto di Olive e per anni ha accompagnato in auto sia lei che Christopher nel percorso casa-scuola. Il loro rapporto si è interrotto definitivamente quando Jim, alticcio, una sera è andato a sbattere con la sua auto contro un albero. Olive ha pianto a lungo da sola nella sua camera per la perdita. Henry, dal canto suo, si è affezionato ed anche di più a Denise, una giovane che ha assunto come aiutante in farmacia: ingenua, fragile, allegra, intelligente, fresca, cioè il contrario di Olive, e felice sposa di Henry Thibodeau, si è ritrovata poco dopo vedova, a causa di un incidente di caccia con il suo amico Tony durante una battuta alla quale ha partecipato anche Henry Kitteridge. Quest’ultimo si è fatto carico a lungo di assistere Denise nel superare il lutto, proteggendola come una figlia e rischiando persino d’innamorarsene. Christopher con il tempo è cresciuto ed è diventato podologo. Si è sposato con Suzanne, una collega, di famiglia benestante. Olive ed Henry hanno allestito per loro una splendida casa, poco distante dalla loro, pregustando il futuro ruolo di nonni, ma Suzanne ha spinto Christopher a trasferirsi in California da dove proviene e risiedono i suoi genitori. Poco tempo dopo però lo ha lasciato. Nonostante ciò, Christopher ha preferito rimanere in California, dove dice che la sua attività ha successo e si è legato ad Ann, già madre di due figli, che ne aspetta un terzo da lui. Henry intanto, a causa di un ictus, è rimasto pesantemente offeso ed è stato ricoverato praticamente in stato vegetativo in una casa di riposo dove Olive va a trovarlo tutti i giorni. Chiamata da Christopher per aiutare Ann durante la gravidanza, Olive resiste solo tre giorni e poi torna a casa, per scoprire che Henry la notte precedente è deceduto nel sonno… e non è ancora finita!

VALUTAZIONE: vedi libro. Voto:

OLIVE KITTERIDGE

Di Elizabeth Strout

Scritto nel 2008

Anno di Edizione 2008; Pagine 383

Costo € 18,00 (tascabile € 12,99; eBook € 12,99)

Ed. Fazi

Traduttrice: Silvia Castoldi

CONTESTO NARRATIVO: la trama è molto simile alla sua trasposizione nella minierie TV, con qualche eccezione. Fra le più significative, l’inizio della miniserie mostra Olive intenzionata a suicidarsi. Una situazione che nel romanzo non c’è. Anche la morte improvvisa della vecchia collaboratrice nella farmacia di Henry Kitteridge, colta da improvviso malore appena fuori dal negozio e che Henry prontamente accorso non riesce a salvare neppure praticandole il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca è una ‘licenza’ della miniserie Tv che nel romanzo non c’è. Inoltre nell’incidente di caccia che vede Henry Thibodeau malaugurata vittima di un tragico errore dell’amico Tony, nel racconto scritto non si parla della presenza di Henry Kitteridge, ma solo di un invito il giorno precedente che lui ha cortesemente declinato. Nonostante tutto sono differenze tutto sommato di poco peso nel contesto globale della storia.

VALUTAZIONE: premio Pulitzer nel 2009, il romanzo di Elizabeth Strout è considerato uno dei più importanti della letteratura americana degli ultimi decenni. Opera di contenuti e di stile, ‘Olive Kitteridge’ racconta, attraverso la figura di una donna consapevolmente scomoda, difficile da sopportare, sferzante nell’esprimere le proprie opinioni, madre severa e mai affettuosa, depressa per costituzione, la storia sua e della sua famiglia, i Kitteridge, in un paese della provincia americana dove tutti sanno tutto di tutti. Un prototipo quindi di una realtà sociale che in molti aspetti riflette una visione universale. L’originalità del romanzo sta nel fatto che è suddiviso in tanti piccoli racconti che narrano, oltreché episodi della vita degli ultimi 25 anni di Olive, anche quelli di alcuni conoscenti ed amici della stessa. In alcuni casi lei compare solo di sfuggita, ma ciò non da mai l’impressione di una disarmonia. Il mezzo voto in più al romanzo rispetto alla miniserie TV è giustificato proprio dal fatto che in quest’ultima questa caratteristica narrativa così particolare ma sorprendentemente efficace viene a mancare, poiché gli autori hanno preferito affidarsi ad una più classica sequenzialità narrativa. Straordinaria l’interpretazione di Frances McDormand che arricchisce, se possibile, la figura di Olive, già così ben descritta da Elizabeth Strout. Una miniserie comunque per il resto che traspone più che adeguatamente il romanzo.  Voto:

Diciamolo, sia il romanzo che la miniserie TV dal quale è tratto non sono di facile popolarità. Nel senso che, soprattutto riguardo quest’ultima, dipende molto da cosa si aspetta lo spettatore che si siede in poltrona, magari dopo una giornata di lavoro e con l’intenzione di distrarsi con uno spettacolo rilassante. Il lettore invece di solito è più consapevole e mirato nella scelta e quindi in questo caso comprende più facilmente che non può aspettarsi una vicenda che ha fra i suoi connotati la spettacolarità, anche se non per questo si può definire meno intensa. Ciò che manca in termini di esteriorità infatti a ‘Olive Kitteridge‘, lo guadagna a livello di interiorità e di emotività.

D’altronde la specificità del racconto inizia dalla figura della protagonista, che non ha nulla di coinvolgente per lo spettatore comune, neanche per quello che tende ad identificarsi, seppure quasi sempre preferisce non ammetterlo, con il ‘cattivo’ di turno (sia che si tratti di Alex, l’interprete principale di ‘Arancia Meccanica‘, oppure Ciro Di Marzio e Gennaro Savastano di ‘Gomorra‘ o Phil Spector di ‘The Fall – Caccia al Serial Killer‘, per citare i primi che mi vengono in mente ora – clicca sui titoli di diverso colore se vuoi leggere la mia recensione).

Olive non è di certo una criminale, bensì una donna dalla forte personalità e di una certa età, pensionata ed affetta da un perenne stato depressivo, anche se al riguardo ha una precisa e tagliente opinione: ‘…la depressione va di pari passo con l’intelligenza!…‘. Il che la porta facilmente ad assumere atteggiamenti altezzosi e scontrosi, sia nell’espressività del viso che nelle parole, spesso caustiche, che rivolge a tutti, senza chiedere mai scusa, come le fa notare il marito Henry, che pure l’ha sempre amata anche se ha un carattere opposto al suo o forse proprio per questo; oppure nei confronti del figlio Christopher che Olive tratta sin da piccolo con severità e senza le espansività tipiche di una madre.

Non risparmia neppure i compaesani della piccola comunità di Crosby (località immaginaria dello stato del Maine, quasi all’estrema propaggine nord-est degli Stati Uniti, vicino al confine del Canada), che si confrontano da sempre con il suo carattere scorbutico, spigoloso e rigido. Ne sapevano qualcosa anche i suoi allievi, quando insegnava matematica nella scuola del paese, che s’adeguavano immediatamente a riservarle il massimo rispetto, grazie ad una ferrea disciplina che non ammetteva deroghe, tanto meno quando infliggeva loro delle punizioni, cui non soprassedeva neppure di fronte ad una specifica richiesta di qualche genitore. Ma Olive era anche determinata nell’infondere loro il coraggio di osare: ‘…non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi…‘. Forse perché lei non l’ha avuto ad un certo punto della sua vita.

A Crosby si è quindi guadagnata un rispettoso distacco, del quale però non sembra particolarmente soffrire, essendo tutta personale ed interiore la sua irrisolta irrequietezza, che comunque non perde occasione di riversare su Henry, Christopher e chiunque le graviti intorno. Il marito è stato farmacista stimato del paese sino a quando è andato in pensione, cedendo i locali ad una catena nazionale. I suoi clienti non hanno perso nulla riguardo le forniture di medicinali, semmai la sua umanità e pluriennale esperienza. Henry non ha mai sofferto per il carattere suscettibile ed umorale di Olive e l’ha sempre amata, anche fisicamente, con immutata passione: ‘…Henry Kitteridge cadeva preda di un accesso di incredibile frenesia, come se nell’atto di amare sua moglie si stesse unendo a tutti gli uomini nell’atto di amare il mondo delle donne, che racchiudevano nel profondo di se stesse l’oscuro e vellutato segreto della terra…‘… (leggi il resto del commento cliccando qui sotto su ’Continua a leggere’) Continua a leggere…