L’UFFICIALE E LA SPIA
Titolo Originale: J’accuse
Nazione: Francia, Italia
Anno: 2019
Genere: Storico, Drammatico, Giallo
Durata: 132’ Regia: Roman Polański
Cast: Jean Dujardin (Ten. Col. Marie-Georges Picquart), Louis Garrel (Cap. Alfred Dreyfus), Emmanuelle Seigner (Pauline Monnier), Grégory Gadebois (Magg. Hubert-Joseph Henry), Mathieu Amalric (Alphonse Bertillon), Melvil Poupaud (Fernand Labori), Éric Ruf (Col. Jean Sandherr), Laurent Stocker (Gen. Georges-Gabriel de Pellieux), André Marcon (Émile Zola), Michel Vuillermoz (Ten. Col. Armand du Paty de Clam), Denis Podalydès (Edgar Demange), Damien Bonnard (Desvernine), Wladimir Yordanoff (Gen. Auguste Mercier), Didier Sandre (Gen. Raoul Le Mouton de Boisdeffre), Vincent Grass (Gen. Jean-Baptiste Billot), Hervé Pierre (Gen. Charles-Arthur Gonse), Laurent Martella (Cap. Ferdinand Walsin Esterhazy), Vincent Perez (Louis Leblois), Luca Barbareschi (Philippe Monnier)
CONTESTO NARRATIVO: Alfred Dreyfuss è un ufficiale ebreo francese e nel 1894 viene pubblicamente degradato con l’accusa di aver passato informazioni sensibili all’addetto militare tedesco, Maximilian von Schwartzkoppen. Il documento recuperato dai servizi segreti, detto ‘bordereau’, viene attribuito, in base alla perizia grafologica eseguita all’esperto criminologo Alphonse Bertillon, al capitano Dreyfus che si proclama invece del tutto estraneo ed innocente. Il maggiore Picquart è stato suo insegnante ed è lui ad accogliere Dreyfuss quando viene convocato al ministero dove, sottoposto a prova grafologica dal maggiore Armand du Paty de Clam, giusto per conservare la forma, gli viene formulata l’accusa e l’arresto, persino il suggerimento del suicidio d’onore ed al suo rifiuto viene esiliato sull’isola del Diavolo, nella colonia della Guayana Francese. Picquart viene nominato poco dopo tenente colonnello e posto a capo dei servizi segreti in sostituzione del colonnello Jean Sandherr, consumato dalla sifilide. Il suo rapporto con il sottoposto maggiore Henry si rivela subito difficile perché quest’ultimo, parte attiva nella raccolta delle prove a carico di Dreyfus, è abituato a godere di troppa autonomia e protezioni altolocate. Picquart scopre invece che la grafia del ‘bordereau’ assomiglia molto a quella di un altro militare, il maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy. Convinto dell’innocenza di Dreyfus e che l’accusa è fondata, più che su prove concrete, sulla nascente ostilità nei confronti degli ebrei anche in ambito militare, con l’occasione di trovare un capro espiatorio, riduce le mansioni di Henry ed indaga direttamente, trovando altre conferme ai suoi sospetti. Decide quindi di sottoporre le prove raccolte al suo comandante, il capo di stato maggiore Boisdeffre. Anziché ricevere i complimenti, a Picquart viene suggerito di soprassedere ma insistendo nel suo convincimento, che coinvolgerebbe alti livelli delle forze militari, evidentemente deviate, viene rimosso dal suo ruolo ed inviato nella legione straniera in Africa con un incarico, gli viene detto, di breve durata, che si rivela invece duraturo. Temendo di morire, Picquart al suo ritorno racconta i fatti all’avvocato ed amico Louis Leblois, il quale si fa carico di coinvolgere anche personaggi politici e della cultura, fra i quali lo scrittore Emile Zola, dai quali scaturisce un comitato pro Dreyfus. L’iniziativa di Picquart gli costa però l’arresto. Lo scrittore allora pubblica il suo famoso articolo a tutta pagina nel quotidiano ‘L’Aurore’, intitolato ‘J’accuse’, che di fatto divide la piazza francese fra pro e contro Dreyfus. Processato e condannato a sua volta Zola, il caso Dreyfus assume risonanza internazionale. Picquart viene comunque liberato e sfidato a duello da Henry che rimane ferito, ma rinuncia a finirlo. A sua volta Esterhazy sfida a duello Picquart che però rifiuta perché non intende dare soddisfazione e colui che ritiene il vero traditore. Henry ammette di aver manomesso i documenti d’accusa a Drayfus e posto agli arresti si ‘suicida’. Picquart viene quindi assolto e riammesso al suo grado militare mentre Dreyfus viene ricondotto in Francia per un nuovo processo. Nonostante ciò, la sua vicenda anziché dirsi conclusa, è ancora lontana dalla soluzione.
VALUTAZIONE: una corposa, rigorosa ed in parte libera ricostruzione di uno dei casi più clamorosi che fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo ha scosso la società francese, le sfere militari e politiche ma anche l’opinione pubblica, uscendo persino dai confini nazionali. E’ difficile non considerare quest’opera di Roman Polański, che ripropone una famosa storia di ingiustizia per ragioni di pregiudizio razziale, che nel prosieguo assumono connotati e conclusioni ancora più vaste, come un’allegoria dell’accanimento che da tempo sta subendo lui stesso, in seguito alle note vicende di natura sessuale che lo hanno visto coinvolto sin dal lontano 1978 ed in base alle quali è tuttora ricercato dalla giustizia USA. Comunque la si veda tuttora al riguardo, il film in questione conferma la già nota maestria del regista nel gestire con classe, in questo caso, una delicata vicenda, rendendola di facile comprensione per tutti, pur nei suoi molteplici risvolti e le parti contrapposte in causa. Ineccepibili anche le prove attoriali, compresa la compagna del regista Emmanuelle Seigner. Pluripremiato, ‘L’Ufficiale e la Spia‘ continua comunque ad essere osteggiato, non per i suoi contenuti, quanto semmai per la figura del suo autore, tuttora culturalmente esiliato e perseguitato da parte di alcuni intransigenti esponenti delle accuse nei suoi confronti, nonostante l’appoggio e la solidarietà di molti eminenti personaggi della cultura e della società in generale. Voto
‘…I romani davano i cristiani in pasto ai leoni, noi diamo loro gli ebrei. Immagino che questo sia un progresso…‘ (Colonnello Jean Sandherr)
Nei riguardi di quest’opera non si può fare a meno di considerare almeno tre aspetti fondamentali: la sua consistenza artistica, il suo significato ideologico e quello allegorico sottesi al tempo stesso ed infine la figura del suo autore, il regista Roman Polański, così particolare per i fatti di cronaca che tuttora lo riguardano, apparentemente esterni al film in oggetto, ma che poi tali sino in fondo non sono.
Partiamo da questi ultimi, perché è un argomento controverso e divisivo, qualunque opinione ci si possa fare al riguardo. Per chi non conoscesse la storia, detta per estrema sintesi, Roman Polański nel 1977 ha avuto un rapporto sessuale consenziente con la quasi quattordicenne modella Samantha Geimer, quindi minorenne, nella villa dell’attore Jack Nicholson. Accusato del fatto, il regista ha ammesso la colpa, dichiarato il suo pentimento e attraverso il suo avvocato ha proposto una riparazione economica. Accettò quindi la reclusione per tre mesi. Dopo 42 giorni venne rilasciato con la raccomandazione di una commutazione in pena condizionale ma essendo venuto a conoscenza che il giudice non l’avrebbe accettata, fuggì dagli USA e da allora oltreoceano risulta contumace. Più volte è stato oggetto da parte delle autorità americane di richieste di estradizione che opportunamente ha evitato, spostandosi in stati che non la concedono, oppure grazie ai cavilli che i suoi avvocati sono stati in grado di produrre con successo laddove si trovava, magari per ritirare uno dei molti premi che si è aggiudicato in qualche Festival del Cinema. Anni dopo la Geimer dichiarò di aver perdonato Polański e di considerare chiuso il caso. In seguito sono spuntate altre testimonianze a suo carico di presunti stupri che Polański però ha sempre negato e nessuno è stato in grado di dimostrare. Sta di fatto che la nomea che si è costruita nel tempo, accresciuta e riproposta sull’onda dei fatti che hanno visto protagonisti il produttore Harvey Weinstein ed il movimento #MeToo sulle molestie nei confronti delle donne e l’attore Kevin Spacey accusato di violenze omosessuali nei confronti di minorenni, hanno reso ancora più scomoda di quello che già non fosse la posizione del regista di origine polacca. In molte occasioni pubbliche, nonostante i numerosi premi che sono stati assegnati alle sue opere nel frattempo ed il sostegno di numerosi altri autori e rappresentanti della cultura, è tuttora oggetto di manifestazioni ostili. Torniamo ora al suo ultimo film.
‘L’Ufficiale e la Spia‘ tratta un caso realmente accaduto, che i meno giovani dovrebbero perlomeno aver sentito nominare, se non proprio conoscere nei fatti, non fosse altro per il famoso ‘J’accuse‘ di Emile Zola. Un episodio di clamorosa manipolazione della giustizia e di grande risonanza popolare nell’epoca in cui è avvenuto, che ha diviso l’opinione pubblica nei confronti del capitano Alfred Dreyfus, per ragioni razziali e perciò che vanno al di là della sua stessa persona, ma che per fortuna furono smascherate, generando un terremoto nelle alte sfere militari e politiche della Francia d’inizio secolo scorso. Difficile però a questo punto non associare l’interesse di Roman Polański per questa storia, tratta dall’omonimo romanzo di Robert Harris e sceneggiata a quattro mani con lo stesso scrittore (avevano già lavorato assieme in occasione del notevole ‘L’Uomo nell’Ombra‘, clicca sul titolo se vuoi leggere la mia recensione) alla sua condizione di ricercato dalla giustizia da ben quarantadue anni. Anche in occasione del Gran Premio della Giuria alla 76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia assegnato a ‘L’Ufficiale e la Spia‘, la presidentessa della manifestazione Lucrecia Martel espresse la sua distanza, proprio per ciò che di negativo a suo dire rappresenta il regista tuttora nei confronti delle donne.
Il ‘caso Dreyfuss’ è un clamoroso esempio di distorsione della verità per pretestuosi fini ideologici, di potere e razziali. Alla fine del XIX secolo i rapporti fra Francia e Germania erano molto tesi e le spie cercavano reciprocamente di sottrarsi informazioni utili, specie di natura militare. Un ufficiale francese non ancora identificato si stava rendendo protagonista di alto tradimento ma grazie ad un’infiltrata nell’ambasciata tedesca era stato possibile recuperare dal cestino dei rifiuti dell’attaché militare, Maximilian von Schwartzkoppen, un documento maldestramente stracciato e facilmente ricostruibile dagli esperti dei servizi segreti, nel quale si parlava di alcune informazioni tecniche segrete, compreso un nuovo cannone in costruzione che, se fosse stato utilizzato, avrebbe dato significativi vantaggi strategici all’esercito francese. L’occasione venne sfruttata al volo per veicolare l’accusa su un ufficiale ebreo totalmente estraneo ma che doveva fare da volano per colpire l’establishment degli ebrei francesi i quali, a detta dei loro nemici, si erano infiltrati eccessivamente nella struttura politica, economica e militare della Francia.
Il film inizia con la ‘spettacolare’ degradazione e pubblica umiliazione del capitano Alfred Dreyfus nella grande piazza del cortile della Scuola Militare, davanti alle autorità militari, i soldati schierati ed una folla trattenuta a stento che inveisce contro il presunto traditore, il quale urla invece la sua innocenza, ovviamente inascoltato, mentre gli strappano le mostrine, i bottoni e le insegne militari dalla divisa e spezzano la sua spada davanti a lui, gettandola per terra. Sequenze al presente s’alternano ad altre che ripercorrono ricordi del passato utili a delineare le figure in gioco e le loro peculiarità, come ad esempio l’assoluto attaccamento di Dreyfus alla patria ed alla disciplina militare ed i rapporti con il suo insegnante, il maggiore Marie-Georges Picquart, un uomo retto ma non propriamente simpatizzante degli ebrei, come ha modo di dichiarare egli stesso durante un confronto a seguito di una valutazione, secondo Alfred, troppo severa nei suoi confronti.
Le differenze fra la storia vera e l’adattamento sul grande schermo ci sono, a leggere le testimonianze di alcuni storiografi al riguardo, ma sono funzionali alla trama, senza sconvolgere la sostanza della vicenda. Ad esempio, la partecipazione di Picquart alla riunione con alcuni parlamentari progressisti e soprattutto in presenza di Emile Zola, nella realtà però non si è verificata, perché i due non si sono mai incontrati di persona, nonostante l’impegno del celebre scrittore nel pubblicare sulla stampa il suo famosissimo atto di accusa di corruzione di alcune sfere militari, in base alle prove raccolte proprio dal tenente colonnello ed a difesa dell’innocenza di Dreyfus.
Grazie alla narrazione di quest’opera si può comprendere, fra l’altro, come i servizi segreti fossero già molto attivi e sofisticati a quell’epoca, nonostante i limiti tecnologici rispetto ai nostri tempi. Dentro un palazzo in centro a Parigi, apparentemente anonimo ed in disuso, risiedevano gli uffici e gli addetti specializzati dei servizi segreti che si occupavano, ad esempio, di leggere la posta dei cittadini sospetti senza farsene accorgere, ovviamente prima che gli fosse recapitata; ricostruivano appunto documenti ritenuti erroneamente distrutti ed effettuavano controlli di vario genere, come appostamenti che spiavano i movimenti di alcune persone, seppure per ragioni comprensibili di prevenzione a difesa della sicurezza nazionale. Tutto ciò ovviamente, se utilizzato per fini diversi, può portare a conseguenze pericolose sotto molti punti di vista, persino riguardo l’integrità della democrazia e della giustizia di uno stato. Indro Montanelli, a proposito di questo storia ebbe a dichiarare: ‘…essa non fu soltanto il più appassionante ‘giallo’ di fine secolo. Fu anche l’anticipo di quelle ‘deviazioni’ dei servizi segreti che noi riteniamo – sbagliando – una esclusiva dell’Italia contemporanea. Ma fu soprattutto il prodromo di Auschwitz perché portò alla superficie quei rigurgiti razzisti e antisemiti di cui tutta l’Europa, e non soltanto la Germania, era inquinata. Allora, grazie soprattutto alla libertà di stampa che smascherò l’infame complotto, quei rigurgiti furono soffocati. Ma la vittoria dell’antirazzismo, che lì per lì sembrò definitiva, fu, come sempre quella della Ragione, soltanto momentanea. Le cronache di oggi dimostrano che nemmeno i forni crematori dell’Olocausto sono riusciti a liberarci dal mostro che si annida nel subconscio delle società cristiane, con rispetto parlando e che proprio nell’affare Dreyfus diede la misura più eloquente della sua abiezione…‘… …(leggi il resto del commento cliccando qui sotto su ’Continua a leggere’) Continua a leggere…