Libro: ‘I Sogni Perduti Delle Sorelle Brontë’

I SOGNI PERDUTI DELLE SORELLE BRONTE

Di Syrie James

Anno Edizione 2010

Pagine 542

Costo € 17,00

Traduttrice Roberta Scarabelli

Ed. Piemme

 

TRAMA: Charlotte, Emily e Anne Brontë sono tre sorelle, figlie del pastore della chiesa anglicana di Haworth, nello Yorkshire in Inghilterra. Rimaste ben presto orfane di madre esse sono prive di prospettive per il futuro. Il padre è quasi cieco e ad aiutarlo nelle sue mansioni viene assunto il curato Arthur Bell Nicholls, il quale già al primo incontro irrita Charlotte con una serie di affermazioni che lei reputa retrograde come mentalità ed offensive in particolare nei suoi confronti. Alle tre donne non restano quindi che due possibilità per evitare un’esistenza noiosa e inutile: insegnare e prestare servizio come istitutrici. E’ con l’obiettivo di aprire una scuola al loro ritorno che il padre accompagna Charlotte ed Emily a Brussels per iscriverle in un istituto per affinare francese e tedesco. Charlotte però s’innamora del direttore Héger, già sposato ed è costretta a tornare a casa, pur essendosi dimostrata nel frattempo un’allieva dalle doti non comuni. Per rompere la monotonia le tre sorelle scoprono allora la comune passione per la scrittura e decidono di comporre una raccolta di poesie e poi addirittura dei romanzi che riescono a far pubblicare da un lungimirante editore di Londra con i nomi maschili di Currer, Ellis ed Acton Bell, così da superare la prevenzione dell’epoca nei riguardi delle donne scrittrici. Emily che pubblica ‘Cime Tempestose’ ottiene un tiepido apprezzamento mentre è travolgente invece il successo che riscuote soprattutto Charlotte, per la sua opera ‘Jane Eyre’. Emily e Anne però nel frattempo muoiono di tubercolosi e così anche il fratello Bramwell, distrutto da una delusione amorosa e così Charlotte resta sola con il padre ed il reverendo Nicholls. L’avversione verso quest’ultimo muta con il tempo in rispetto per la dedizione che egli dedica al lavoro, soprattutto verso i poveri. La sorpresa per Charlotte è quindi notevole allorchè quest’ultimo si dichiara. Suo padre rifiuta sdegnato di dare la figlia in sposa ad un uomo che ritiene di rango inferiore e Charlotte stessa tentenna non sicura dei suoi sentimenti, essendo ancora infatuata del professor Héger, così che Nicholls, non resistendo oltre di rimanere a contatto dell’amata senza essere corrisposto, decide di partire. Ripresi i contatti dopo non molto tempo, grazie ad un intermediario, Charlotte e Arthur tornano a frequentarsi saltuariamente ed infine lei acconsente a sposarlo, convincendo anche il padre. L’inizio del viaggio di nozze, dopo qualche timidezza, si rivela dolce e passionale, come Charlotte non avrebbe mai sperato, così che si convince un po’ per volta di aver sposato l’uomo giusto, ma un malaugurato malinteso provoca il risentimento di Nicholls ed un raffreddamento dei loro rapporti. L’arrivo in Irlanda a casa dei parenti di Arthur è sorprendente per Charlotte perché non solo si rende conto che la sua famiglia è benestante ed anche elevata culturalmente ma suo marito gode anche di grande considerazione al suo interno e lei sin dal primo momento viene trattata con riguardo ed affetto. Una brutta bronchite consente a Charlotte, che è amaramente pentita di aver sottovalutato Arthur ed ora ne è invece sinceramente innamorata, di riavvicinarsi a lui chiarendo finalmente i suoi sentimenti. Da quel momento il loro matrimonio non potrebbe essere più felice, se non fosse che il destino ha già deciso altrimenti facendo ammalare qualche mese dopo Charlotte analogamente a Emily e Anne.   

VALUTAZIONE: biografia romanzata di Charlotte Brontë realizzata da Syrie James (già autrice di un’operazione analoga riguardo la scrittrice Jane Austen). Un romanzo piacevolissimo che ripercorre la storia della scrittrice e delle due sorelle Emily e Anne senza cadere mai nel romanticismo spicciolo o nel melodramma sdolcinato. Una lettura precisa e documentata, consigliata sia per gli ammiratori delle tre scrittrici, che per chi si avvicina alla loro storia per la prima volta.                                                                                                                                                                                                                                                                                        

Per quasi tutta la mia esistenza, scrivere era stato per me la gioia ed il conforto più grandi: una dimensione a cui dare sfogo alle mie emozioni più felici, e nella quale cercare consolazione nei momenti di dolore…’. Ritengo che questa affermazione sia una sorta di postulato per chiunque ha un po’ di passione per la scrittura.

D’altronde era Chateaubriand a sostenere che: ‘…i grandi scrittori non fanno che raccontare la propria storia nelle loro opere… uno può descrivere con sincerità solo il proprio cuore, attribuendolo ad un altro…’. Parole che fanno proprio al caso delle sorelle Brontë, note al pubblico degli appassionati per aver scritto romanzi che sono diventati dei classici come ‘Jane Eyre’ per merito di Charlotte, ma anche ‘Cime Tempestose’ della riservata sorella minore Emily ed infine, seppure appena un gradino sotto per successo e credito, pure ‘Agnes Grey’ della tenera e dolce sorella minore Anne. Queste ultime due, morte purtroppo prematuramente, non hanno avuto la possibilità di bissare le loro opere prime, al contrario di Charlotte che è riuscita almeno a scriverne altre tre (‘Shirley’, ‘Villette’ e, pubblicata postuma, ‘Il Professore’) prima di morire anch’essa di tubercolosi a soli 39 anni. Sia di ‘Cime Tempestose’ che di ‘Jane Eyre’ sono state realizzate nel corso degli anni alcune versioni cinematografiche, le ultime l’anno scorso, essendo tornate improvvisamente di moda, per così dire. Persino il gruppo storico dei Genesis dedicò a suo tempo un intero album,  ‘Wind & Wuthering’, alle atmosfere di ‘Wuthering Heights’, che è il titolo originale appunto di ‘Cime Tempestose’. 

Ora, immaginatevi il clima dell’epoca nella quale vissero le tre sorelle. Siamo intorno al 1850 in Inghilterra nella zona dello Yorkshire, in un paesino di campagna di nome Haworth dove non c’è nulla, a parte le vaste brughiere e poche anime che vivono una grama esistenza intorno all’unica chiesa. Persino la stazione più vicina si trova a Keighley, cioè a qualche chilometro di distanza. Figlie di un pastore della Chiesa Anglicana (la quale consente il matrimonio ai preti), prima di loro in famiglia erano nate altre due amate sorelle, Elizabeth e Mary, anch’esse morte prematuramente, così come l’unico fratello maschio Bramwell, tanto caro al padre quanto inaffidabile e privo di carattere e qualità; tutti e sei nati nel giro di pochi anni. Non stupisce più di tanto perciò se la madre, sfinita da una serie così ravvicinata di gestazioni, sia infine deceduta, considerando pure le precarie condizioni sanitarie dell’epoca e la conseguente bassa prospettiva di vita. Rimaste sole ad accudire il padre, il quale non si è più risposato e con il tempo è diventato quasi cieco, esse tuttavia sono cresciute decorosamente grazie al fatto che lui era ‘…un uomo buono, gentile, vivace e intelligentissimo, molto colto ed interessato a letteratura, arte, musica e scienza, assai più di quando fosse richiesto al suo ruolo… Gli piaceva scrivere ed aveva pubblicato parecchie poesie e testi religiosi…’. Tuttavia la considerazione riguardo le donne all’epoca era quella che era, se persino il nuovo curato Arthur Bell Nicholls, assunto per supportare il padre nelle sue attività, appena arrivato a destinazione si sentiva in diritto di affermare, davanti alla stessa Charlotte, che: ‘…le donne danno il meglio di sé nelle occupazioni che Dio ha assegnato loro: quando cuciono o stanno in cucina…’…(leggi il resto del commento cliccando qui sotto su ’Continua a leggere’)

Syrie James è una scrittrice americana le cui scarne note biografiche nella terza di copertina recitano che da New York si è trasferita con tutta la famiglia in California semplicemente perché il padre odiava spalare la neve. Appassionata di quella che qualcuno definisce erroneamente letteratura al femminile (se un romanzo è ben scritto, i personaggi e gli argomenti sono interessanti, non c’è distinzione di sesso che tenga), dopo il successo ottenuto con la sua prima opera ‘Il Diario Perduto Di Jane Austen’, ci riprova ora, anche nell’assonanza del titolo, con un cognome altrettanto noto della narrativa inglese che precede l’epoca vittoriana, ovvero le sorelle Brontë, e centra nuovamente il bersaglio.

Nelle due pagine di prefazione Syrie invita il lettore ad immaginare che siano stati scoperti i diari segreti di Charlotte Brontë specificando quindi, riguardo la ricostruzione della sua biografia romanzata, che:  ‘…la storia che leggerai è vera. La vita di Charlotte è così affascinante che sono riuscita a narrarla basandomi quasi esclusivamente sui fatti…’. Partendo da una proposta di matrimonio che la protagonista riceve in realtà cronologicamente a due terzi del racconto, l’autrice coglie il pretesto per iniziare a riproporre gli episodi più significativi della vita di Charlotte e della sua famiglia. Un’esistenza che suona stranamente ricca di avvenimenti per essersi sviluppata in un deprimente villaggio ed in un’epoca nella quale le possibilità per mettersi in mostra, soprattutto da parte di una donna, erano di molto condizionate da una società tutta rivolta al maschile.

Non è un caso che quando le sorelle Brontë decidono di pubblicare le loro poesie ed i romanzi che hanno scritto nel frattempo per dar sfogo alla loro vena creativa e rompere la monotonia del quotidiano, scoprendo che ognuna di esse, autonomamente ed all’oscuro delle altre, aveva intrapreso da tempo questa attività, passano dalla fase nella quale provano imbarazzo persino a scambiarsi i loro scritti, a quella nella quale accettano l’idea, che poi è anche una sorta di rivalsa, di renderli pubblici, ma a patto che venga preservato rigorosamente il loro anonimato dietro il paravento di nomi d’arte maschili quali Currer (Charlotte), Ellis (Emily) e Acton (Anne) Bell, tenendo nascosta la loro iniziativa persino al padre. A quel tempo infatti non era proprio il caso di esporsi con racconti che oltretutto si riferiscono a personaggi che le tre sorelle hanno conosciuto ed episodi che hanno vissuto di persona, aggiungendo pure audaci sentimenti che suonano in alcuni casi un pò troppo osè per l’epoca, pur non avendo avuto nessuna delle tre sino a quel momento, esperienze significative in merito. Charlotte è l’io narrante della storia ed è l’unica fra loro, proprio durante il periodo di permanenza a Brussels nell’istituto per giovani destinate per l’appunto all’insegnamento, ad aver provato i turbamenti conseguenti all’innamoramento nei confronti del suo professore e direttore dell’istituto Héger, frequentando i corsi, dapprima assieme alla sorella Emily e poi da sola, come allieva e poi addirittura come insegnante a sua volta. Travolta dalla passione, frustrata dalla consapevolezza che il professor Héger è sposato e messa al bando dalla moglie che ha ben presto scoperto la nascente liaison fra loro, Charlotte decise infine di tornare a casa. Il professore comunque contribuì in maniera decisiva alla formazione di Charlotte, riconoscendone le qualità e spronandola ad affinarle, come un atleta dalle doti innate che da sole però non sono sufficienti per trasformarlo in un campione. Alla sua allieva che eccepiva dicendo: ‘io credo che il genio, per sua stessa natura, debba essere impulsivo ed audace…‘ egli infatti ribatteva: ‘Il genio senza lo studio è come una forza senza la leva. E’ l’anima che può esprimere il suo canto interiore solo con una voce rauca e aspra. E’ il musicista che suona un piano non accordato e non può offrire al mondo le dolci melodie che sente dentro di sé…‘.  A lui Charlotte dedicò in seguito ben due suoi romanzi: ‘Il Professore’ e ‘Villette’.

Il racconto della James, strutturato come una sorta di diario, narra dettagliatamente gli anni trascorsi fra la Clergy Daughter’s School, le cui indigenze e trascuratezze sanitarie causarono la morte delle sorelle maggiori Elizabeth e Mary, appena in tempo perchè il padre ritirasse anche Charlotte ed Emily prima che la stessa sorte toccasse anche a loro ed in seguito la Roe Head School nella quale la futura autrice di ‘Jane Eyre’ imparò a difendersi dal ‘nonnismo’ di alcune altre allieve e ad imporsi come una delle più brillanti studentesse, uscendone per giunta con la dote di tre nuove amiche fra le quali, in particolare, Ellen rimarrà a lei legata per il resto della vita. Charlotte racconta alcuni episodi travagliati della sua biografia come un inciso, avendo già vissuto molti episodi importanti nel momento in cui Syrie James inizia la sua storia ed è molto efficace nel descrivere le condizioni sociali e culturali di quell’epoca, a mettere in risalto l’isolamento e le misere condizioni in cui versavano quei luoghi, in aspro contrasto con la bellezza dei panorami naturali. Le donne, in particolare quelle che non appartenevano agli strati sociali più elevati, erano relegate a ruoli subalterni rispetto agli uomini, adibite a mansioni noiose e ripetitive senza possibilità di riscattare quella triste condizione, anche perchè non gli era consentita l’indipendenza economica. Si spiega anche in tal modo la ragione per cui Charlotte e le sue sorelle decisero di dedicarsi alla scrittura come riscatto dalla noia ed aspirando ad un difficile quanto improbabile cambiamento:  ‘l’occupazione dello scrivere diventò una manna per me; mi staccava dalla realtà cupa e desolata per portarmi in una regione irreale ma più felice. Potevo riversare i miei sentimenti nella pagina, con parole che il dolore strappava direttamente al centro dolente del mio cuore; io, però, potevo essere più clemente con i miei personaggi di quanto Dio lo era stato con me…‘.

In tal modo la figura di Charlotte Brontë, pur non potendo essere definibile una rivoluzionaria, appare inevitabilmente come una sorta di femminista ante-litteram, non solo capace di reagire di fronte a chi la tratta con sufficienza e dispregio, ma anche di elevarsi dal nulla per diventare un scrittrice osannata ed ammirata, persino da personaggi di spicco come William Thackeray e Charles Dickens. Il suo editore, per lungo tempo convinto che dietro un romanzo come ‘Jane Eyre’ ci fosse un uomo attempato di nome Curren Bell e poi invece decisamente sorpreso di trovarsi di fronte un’esile, modesta e giovane donna, quando Charlotte decise di uscire finalmente allo scoperto rivelando la sua identità, così la definì, ed è lei stessa a rivelarlo con orgoglio: ‘Il signor Smith (& Elder) dichiarò che ero una donna in possesso di un fine organo del linguaggio che sapeva esprimere i propri sentimenti con chiarezza, precisione e forza ed era dotata di un elevato senso della bellezza e dell’ideale. I miei legami, sosteneva lui, erano forti e durevoli e se non è proprio una poetessa, i suoi sentimenti sono poetici o per lo meno impregnati di quel bagliore entusiastico, caratteristico del poetico sentire…’. 

A proposito di riscatto per le donne poco considerate, riveste particolare peso nel romanzo la sua vicenda sentimentale con il curato Arthur Nicholls, il quale, nel segno della più classica letteratura di genere, entra nella vita di Charlotte con la delicatezza di un orso dentro una cristalleria. Colei che è pur sempre la figlia del suo datore di lavoro lo detesta a lungo con determinazione e senza risparmiargli, in ogni occasione d’incontro che non le era possibile evitare preventivamente, il suo dispregio. A quell’epoca Charlotte non poteva certo immaginare che tutta la sua ostilità fosse nata da una frase malintesa e che il curato in realtà si fosse innamorato perdutamente di lei quasi all’istante. Tanto meno lei poteva supporre che un giorno egli potesse arrivare persino al punto di dichiararsi. Dopo aver dimostrato nei fatti quanto immeritato fosse questo atteggiamento di chiusura nei suoi confronti, Nicholls, che è incorso nelle ire del padre di Charlotte e persino della piccola comunità del luogo, i quali non hanno apprezzato l’ardire del curato nel proporsi da una posizione ritenuta inferiore e quindi con scarse possibilità di offrire all’amata una vita migliore, decide infine di partire. Ciò avviene nonostante Charlotte gli si fosse dichiarata amica, che è pur sempre meglio del precedente atteggiamento sprezzante nei suoi confronti ed un modo elegante e crudele al tempo stesso per tenere alla larga uno spasimante che non s’intende corrispondere.

Syrie James mostra in questa parte tutta la sua vena romantica, dedicando alla coppia pagine ricche di struggenti contrasti, ostacoli, dubbi, ripensamenti, passione, malintesi e chiarimenti, sino alla più classica delle conclusioni. Non fosse che a quell’epoca morire di malattie, oggi praticamente debellate, come la tubercolosi (perlomeno in gran parte del mondo, inclusa naturalmente l’Europa) era facile quasi come prendersi un semplice raffreddore, neppure una coppia idealmente assortita e felice come Charlotte e Arthur, la quale non chiedeva altro, dopo aver patito tanti lutti e difficoltà, di poter rimanere assieme il più a lungo possibile, poteva certo ritenersi esente dal contagio solo in virtù dell’amore, come se fosse un antidoto magico insomma. Dopo soli pochi mesi infatti questa felicità viene bruscamente interrotta dalla repentina malattia e conseguente morte prematura di Charlotte che schianta Arthur il quale, nonostante la disperazione, sopravvive a lungo rispettando le ultime volontà della moglie di assistere suo padre sino alla fine, che avviene otto anni dopo.

Non mancano di certo le biografie relative alle sorelle Brontë ed in particolare riguardanti Charlotte. Celebre ad esempio è quella che le ha dedicato l’amica Elizabeth Gaskell, ma la forma romanzata utilizzata dalla James rende il racconto piacevole, snello ed interessante al tempo stesso, grazie ad una prosa chiara ed efficace che sfrutta uno stile che non sarebbe spiaciuto per nulla, credo, alla stessa autrice di ‘Jane Eyre’. Tutto ciò e dopo aver preso atto dei tanti elogi riguardo la loro qualità può servire ad invogliare il lettore ad approfondire l’argomento leggendo il celebre romanzo di Charlotte, se ancora non l’ha fatto e magari perlomeno anche ‘Cime Tempestose’ della sorella Emily. Ahimè esse sono state troppo presto spazzate via da un destino impietoso quando erano ancora nel pieno della loro creatività ed è lecito chiedersi quanti altri capolavori sarebbero state in grado di scrivere se ne avessero avuto la possibilità. Una storia, la loro, che si affianca a quella di Irène Némirovsky della quale ho da poco letto e commentato uno dei suoi primi romanzi, con la differenza nel suo caso che la fine prematura, pur essendo stata provocata da una malattia altrettanto comune all’epoca come il tifo, in realtà il vero responsabile che ne ha determinato la scomparsa è stato il nazismo, che l’aveva internata ad Auschwitz indebolendone irrimediabilmente il fisico, mentre per le tre più famose sorelle Brontë al massimo ci si può dolere riguardo le lacune della medicina del loro tempo.

 

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